Disturbi Alimentari e Autostima – Fronteggiare le difficoltà

Quando ci troviamo di fronte ad eventi della vita o traumi che non siamo in grado di affrontare con i mezzi psichici a nostra disposizione, possiamo sviluppare strategie che ci aiutino a superare le situazioni, o adottare uno stile di evitamento.
Evitare un problema, non significa naturalmente risolverlo: la vita non è una strada in cui aggirare un ostacolo porta comunque avanti nel percorso. E’ più simile a un videogioco in cui il “mostro” di turno deve essere assolutamente sconfitto per poter passare al livello successivo

Quando l’evitamento diventa una costante, aumentano proporzionalmente senso di impotenza, ritiro sociale, bassa autostima.
Le dipendenze sono lì, in quel punto immaginario tra il problema e la sua soluzione, laddove non ci si sente “abbastanza”, dove il senso di incapacità prevale e lascia il posto a meccanismi di evitamento estremamente inefficaci e deleteri

Chi soffre di disordini alimentari, tende ad identificarsi con il proprio disturbo: non “io soffro di bulimia” ma “io SONO bulimica”.
Tra queste affermazioni, un abisso. Nel primo caso la malattia è qualcosa che va a toccare il comportamento, e non la persona: ho un disturbo, posso curarmi, posso affrontarlo.
Nel secondo, persona e malattia si confondono, si fondono: sono così, alias, non posso cambiare.
Nel corso del tempo, questo processo di pensiero diventa sempre più radicato, più reale, e la sensazione di insuccesso cresce, alimentando la vergogna e il senso di inadeguatezza, e abbassando ulteriormente l’autostima. Una ruota inarrestabile.

Ecco allora che diventa necessario e vitale tornare su quel punto immaginario tra problema e soluzione. Innanzitutto identificandolo: le concause che portano ai disordini alimentari sono molteplici, il lavoro terapeutico per trovarle non è semplice.
Anche un evento di forte impatto come un trauma (lutto, abuso, violenza, incidente…), può non essere “LA” causa, ma il fattore scatenante: tutti nella vita subiamo episodi traumatici, ma non tutti sviluppiamo disturbi come dipendenze, depressione, ansia.
Ciò significa che alla radice ci sono ALTRE cause che vanno estrapolate.
Per fare un esempio, un bambino cresciuto in un clima sereno e stimolante, dove domina l’amore INCONDIZIONATO, in cui non prevale il giudizio bensì la possibilità di esprimersi, che viene guidato alla soluzione dei problemi senza esser vessato (“non sei in grado”) o sostituito (“lascia, faccio io”), svilupperà più facilmente una buona autostima ed una capacità di fronteggiare le difficoltà. Molto probabilmente anche la sua reazione a un trauma sarà di elaborazione piuttosto che di evitamento.
Una persona che invece ha vissuto tra imposizioni, giudizi, e amore “CONDIZIONATO” (devi rispondere alle mie aspettative di genitore, ti amo per ciò che fai e non per ciò che sei, devi realizzare le mie attese) difficilmente avrà la necessaria stima di sè che le permetterà di far fronte ai problemi, e in caso di trauma, sarà più “portata” a sviluppare un disturbo.
Naturalmente queste sono semplificazioni di processi mentali più complicati e spesso non evidenti

Dopo aver evidenziato le cause, è importante ricondurre o educare la persona ad un’accettazione di sè che superi quel gap così forte che sta tra il “sono così” e il “posso cambiare”
Il perdono è fondamentale. Ciò che ho vissuto, ciò che ho subito, le scelte che ho fatto, tutte, anche quella meno edificante, non rappresentano LA PERSONA CHE SONO. Io ho dei limiti, ma non corrispondo ai miei limiti. Sono un essere in divenire, non la rappresentazione negativa che ho di me.

La scelta è tra il camminare come brutti anatroccoli persi nel bosco, schiacciati dal giudizio degli altri, allontanati per la nostra diversità, sempre più convinti di meritare un simile trattamento… e lo specchiarsi nello stagno e finalmente VEDERSI CON I PROPRI OCCHI.

(Continua…)

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