Elena ha paura

Elena ha paura.
Pesa una manciata di chili ed è terrorizzata.
I medici le hanno detto che rischia l’ospedalizzazione, che è in pericolo di vita, che il suo corpo non ce la fa più.
Ed Elena ha paura.
Ma non di morire, quello è un pensiero che passa in secondo piano: ha paura di prender peso.
Ha il terrore che il mostro che lei vede allo specchio diventi ancora più grande, ancora più grosso, che la fagociti e nasconda per sempre le sue ossa.
Le tocca, le sue ossa. Le danno sicurezza, quasi rappresentassero l’esposizione del suo dolore.
Lei non vuole ingrassare. Vorrebbe dimagrire ancora. E ancora.
Annullarsi.
Questo fa l’anoressia. Annulla. Si nutre di autodistruzione, dolore, paure, e anche di soddisfazioni, di gioia, di emozioni.
Resta solo lei, a dominare incontrastata.
Elena ha accettato di curarsi per non subire il TSO, per non arrivare a sentirsi un burattino nelle mani dei medici, oltre che della malattia
Ha pensato che peggio di così non poteva stare e ha chiesto a Sara cosa ne pensasse.
Sara ha un paio di anni in più di Elena e sta male quanto lei: alterna periodi di alimentazione incontrollata ad altri in cui la bulimia scandisce il ritmo -se così si può chiamare- delle sue giornate
Sara ha sofferto di anoressia ma ad un certo punto il suo corpo ha smesso di lasciarsi dominare, ed in lei è esploso il desiderio di cibo come una deflagrazione che allarga improvvisamente lo stomaco e colma ogni spazio vitale di ansia.
Riempire riempire riempire, e poi svuotare, mentre lo specchio rimanda l’immagine di uno yo-yo impazzito.
Elena ha chiesto a Sara cosa ne pensasse e Sara le ha risposto secca: se vai avanti così ti succede come a me, perdi il controllo, crolla tutto. Crolla e non sai come risalire la china, perchè l’unica cosa che ti teneva in piedi, il senso di onnipotenza anoressico, se n’è andato. Via, sparito.
Allora Elena ha chiesto il ricovero, è entrata in una struttura dove possono aiutarla davvero, si è affidata.
Sta cercando di farlo.
Non è facile, perchè ogni volta che cerca di deglutire, tutto in lei s’infiamma di rabbia e frustrazione. Ma ci prova. Un morso alla volta ci prova.
Al centro Elena non è sola.
Ci sono ragazze e donne che soffrono di disturbi alimentari e sono arrivate insieme a lei, altre erano lì da prima e sembrano sorelle maggiori quando ti tendono la mano.
E’ la prima volta nella sua vita che Elena sente di potersi fidare di qualcuno: quelle ragazze sanno cosa prova, ci sono passate, non la vogliono ingannare, non vogliono strappare le sue certezze malate all’improvviso come avevano tentato alcuni specialisti in passato. Sanno che ci vuole tempo, ma sanno che si può guarire.

Elena si sente spezzata in due: la voglia di star bene e il desiderio di distruggersi sono in lotta continua.
Ma una voce si fa spazio, lentamente, dentro di lei.
Si chiama Speranza e quando l’ascolta vive un istante di pace, e lo assapora. Ha imparato che quando tutto si fa nero, ricordarsi di quell’istante è vitale.
E quando non riesce a ricordare nulla, chiede aiuto, dà voce a quel nero, e facendolo scopre sfumature impreviste
Scopre che dietro al sintomo si nasconde un mondo di cui lei stessa non sapeva nulla
Elena è in viaggio senza muoversi.

Forse ha smesso di scappare, forse ha voglia di fermarsi, forse non sa più semplicemente cosa fare e ha chinato il capo: aiuto.
Aiuto. Vi prego
Aiuto


(La storia non finisce, perchè i viaggi che iniziano così non finiscono mai, sono una conquista infinita di sapori e colori e emozioni, belle o brutte, che per alcuni si chiama vita, per altri RINASCITA)

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